Nei gesti dei performer risuonano parole e significati che dilatano l’esistenza e ci risucchiano nelle loro avventure.
La taverna di Brest è una metafora della Bretagna con il suo cielo mutevole, i suoi odori e sapori di legno, umido, brume, nebbie, paesaggi instabili, incontri, addii.
È un progetto multiplo disponibile, al momento, in forma di reading, racconto orale, performance, danza, mostra di pittura e concerto.
…Parlano per noi
tutti quelli che non sono tornati
a raccontare i venti
le isole, le donne…
Il cerchio della poesia (estratto) di Salvatore Smedile
Round Table presso DAI (Deutsch-Amerikanisches Institut) Heidelberg (18 novembre 2006)
“…Dopo anni di lavoro fianco a fianco ad un regista, dopo anni di negoziazione continua sul senso di una precisa concezione estetica, ho capito quanto l’azione fisica sia congiunta alla parola. Quando si prepara uno spettacolo il punto è sempre uno: capire cosa vuole dire il testo, quali sono le intenzioni e le emozioni dell’autore…Teoria e pratica si rincorrono, si influenzano e si rinforzano a vicenda. Si autogenerano. Ogni attore sviscera il testo, la sua semantica. Ogni attore sventra se stesso.
La poesia ha un movimento autonomo. A volte va a comando; a volte comanda. Ma spesso è qualcun altro che ci porta dentro le parole. Un esempio: dopo aver letto La taverna di Brest la fotografa Chiara Ceolin mi ha scritto : “Nel racconto il tempo è svanito e rinasce ogni volta che un nome viene pronunciato… questo non si può rappresentare o fissare in maniera definitiva ma deve rimanere un’invenzione di ciascuno.” La poesia si libera dal suo autore e diventa una proprietà collettiva, un bene pubblico, una rilettura delle innumerevoli forme della vita.
Cerco la parola che, elaborata nell’indeterminato e senza finalità, riesca a creare eventi significativi che si dilatano. Cerco, laicamente, la mia preghiera quotidiana, il mio modo di stare al mondo.…”